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E’ possibile elevare il tetto
massimo della retribuzione di risultato, in caso di valutazione
positiva, a un dirigente a cui è stato conferito l’incarico di
responsabile della prevenzione della corruzione?
L’art.65 del C.C.R.L. prevede che la retribuzione di risultato sia
graduata in relazione al grado di raggiungimento degli obiettivi e
fino alla misura massima del 30% della retribuzione di posizione
parte variabile e, per i dirigenti di seconda e terza fascia anche
della parte fissa della stessa retribuzione di posizione. Non sono
presenti, nel C.C.R.L. altre norme che prevedono l’elevazione della
retribuzione di risultato. Inoltre la materia degli incarichi
aggiuntivi è regolata, in ambito regionale, dall’art.38 del
contratto collettivo, in base al quale le Amministrazioni possono
conferire ai dirigenti incarichi di amministrazione e di controllo,
ma al loro svolgimento non può ricollegarsi alcun incremento
retributivo, per il principio della omnicomprensività della
retribuzione.
Si può riconoscere il compenso per la partecipazione al piano di
lavoro a un dipendente del comparto non dirigenziale non valutabile
perché assente per malattia per oltre sei mesi nell’anno in corso?
Nella regolamentazione del compenso relativo alla partecipazione al
piano di lavoro, disciplinata dall’art.92 del C.C.R.L., occorre
tenere conto della nuova disposizione di cui all’art.49, comma 18
della l.r. 7/5/2015, n.9 con cui il legislatore regionale ha
stabilito che per i periodi di assenza per malattia di qualunque
durata, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il
trattamento economico fondamentale, comprendente l’indennità
integrativa speciale e l’indennità di vacanza contrattuale, con
esclusione di ogni ulteriore indennità o emolumento, comunque
denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni
altro trattamento accessorio.
Pertanto, dall’entrata in vigore della suddetta norma di legge, le
assenze per malattia comportano, per i periodi da essa indicati, la
decurtazione delle voci retributive accessorie, tra le quali il
compenso previsto per la partecipazione al piano di lavoro.
In assenza di un accordo sulla ripartizione del FAMP 2015 è
possibile ripartire il Fondo sulla base dell’accordo relativo
all’anno precedente?
Si rappresenta che il comma 1 dell’art. 4 del CCRL stabilisce che il
contratto collettivo decentrato integrativo è sottoscritto con le
risorse del Fondo previste dall’art. 87 al fine di incrementare la
produttività e la qualità del servizio e di sostenere i processi di
riorganizzazione e di innovazione tecnologica e organizzativa. In
ragione di tale finalità e di quelle più specificatamente declinate
dall’art. 88 dello stesso CCRL , si ritiene che la ripartizione del
FAMP debba essere necessariamente basata su scelte condivise in sede
negoziale di anno in anno. |
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Legge regionale 17 marzo 2016, n. 3.
Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2016.
Legge di stabilità regionale
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Disegno di legge n. 2233, "Norme
per la tutela del lavoro autonomo e in materia di lavoro agile"
Presentato al Senato della Repubblica il disegno di legge n. 2233,
assegnato in data 17 febbraio, contenente norme per la tutela del
lavoro autonomo e in materia di lavoro agile.
Il disegno di legge è diviso in due parti:
1) La prima riguarda il lavoro autonomo non imprenditoriale e
organizza intorno a tale figura una serie di tutele: dalla materia
delle clausole abusive alle invenzioni del lavoratore, alla
deducibilità fiscale delle spese di formazione, all’accesso ai
servizi di orientamento, riqualificazione e collocazione, alle
tutele per la malattia, infortunio e maternità e ai congedi
parentali.
2) La seconda riguarda modalità flessibili di esecuzione del
rapporto di lavoro subordinato (anche pubblico), quanto al luogo
della prestazione, da eseguire cioè in parte al di fuori
dell’azienda (non necessariamente da una postazione fissa), con
possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici, in una cornice di
disciplina delle misure di sicurezza, di garanzia di trattamento
economico e normativo, nonché delle forme di esercizio del potere di
direzione, di controllo e disciplinari del datore di lavoro, con
modalità definite contrattualmente.
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Disegno di legge n. 2208, disposizioni per la tutela degli autori
di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a
conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato
(approvato dalla Camera dei Deputati in prima lettura il 21
gennaio 2016)
Il disegno di legge nella parte relativa al rapporto di impiego
pubblico (articolo 1) modifica l’attuale disciplina in materia
relativa agli impiegati pubblici, posta dall’art. 54-bis del D.Lgs.
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
Rispetto all’attuale normativa per i lavoratori pubblici, le novelle
di cui a questo articolo confermano il principio di tutela – in base
al quale l’autore della segnalazione o denuncia non può essere
sottoposto a misure (determinate dalla segnalazione o denuncia)
aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di
lavoro – con delle particolari modifiche e integrazioni che ci
proponiamo di analizzare quando il disegno diventerà legge.
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Corte Costituzionale, ordinanza n.
73 del 09/03/2016
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Corte di cassazione, sentenza 11 febbraio 2016 n. 2737
Il lavoro straordinario dei dipendenti del comparto sanità deve
essere preventivamente autorizzato.
La regola è generalizzata in tutto il settore dell’impiego alle
dipendenze delle P.A., sia contrattualizzato che pubblico (cfr.,
infatti, con riferimento ad un funzionario di P.S., la coeva
sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato del 10 febbraio
2016 n. 6897 R.G. 2011) e impedisce il pagamento dello straordinario
non preventivamente autorizzato neppure in base alla presentazione
di successiva certificazione del funzionario preposto relativa allo
straordinario già espletato.
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Corte di Cassazione, Sentenza n.
3065 del 17/2/2016
Legge 104 e periodo di comporto
Secondo i Giudici della Suprema Corte, “La fruizione dei permessi ex
legge n. 104/1992 non presuppone un previo rientro in servizio dopo
un periodo di assenza o malattia (non essendo questa una condizione
prevista dalla legge), ma soltanto l’attualità del rapporto di
lavoro”. Pertanto non è licenziabile la dipendente che, finito il
periodo di comporto per malattia, non si presenta al lavoro a
seguito di precedente richiesta di fruizione del permesso ex lege
104/1992, la cui applicazione era stata ottenuta dalla lavoratrice
durante il periodo di comporto. La sentenza riguarda una lavoratrice
privata ma è applicabile anche al lavoro pubblico.
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Corte di cassazione, sentenza 22
febbraio 2016 n. 3416
Nel caso in esame, si tratta di un dipendente che era stato
sanzionato perché si era rifiutato di prestare la propria opera in
giornate domenicali, per ragioni religiose. Nel valutare la
proporzionalità della sanzione disciplinare irrogata, la Corte
indica, tra gli elementi che, alla stregua del comune sentire e dei
principi generali, ne costituiscono specificazioni sul piano
interpretativo, l’atteggiamento soggettivo del lavoratore e il
contesto in cui si era verificata la mancanza, valorizzando, nel
confermare il giudizio di non proporzionalità della sanzione
adottata, elementi quali l’affidamento del lavoratore indotto dal
precedente atteggiamento di tolleranza del datore, la sua offerta di
prestazione in altra giornata di riposo non domenicale, l’esistenza
di una vertenza sindacale in corso e la richiesta preventiva di non
assegnazione al turno domenicale per motivi religiosi.
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Corte di cassazione, sentenza 15
marzo 2016 n. 5065
Inapplicabile al pubblico impiego, fin dalla stipula dei
contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, la disciplina della
retribuzione per le giornate di festività nazionale coincidenti con
la domenica.
La legge finanziaria per il 2006 ha stabilito che anche la
disciplina relativa alla retribuzione delle festività nazionali
coincidenti con la domenica rientra tra quelle che l’art. 69, primo
comma D. Lgs. n. 165/2001 dichiarava inapplicabili all’impiego
pubblico contrattualizzato a decorrere dalla stipula dei contratti
collettivi della tornata 1994-1997. Ai ricorrenti, che sostenevano
il carattere retroattivo della norma, emanata in violazione della
Costituzione, della CEDU e del diritto comunitario, la Cassazione,
richiamando una recente sentenza in argomento della Corte
costituzionale (sentenza n. 150/2015), ne ha dichiarato la natura
interpretativa, non in contrasto col diritto comunitario e con la
Costituzione, neppure per violazione dell’art. 6 della CEDU.
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Corte di cassazione, sentenza n.
5574 del 22 marzo 2016
Permessi ex Legge 104: legittimo il licenziamento in caso di uso
improprio
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5574 del 22 marzo 2016,
afferma che è legittimo per il datore di lavoro licenziare, per
giusta causa, un proprio lavoratore dipendente, qualora risulti
provato che lo stesso abbia utilizzato i permessi retribuiti
previsti dalla ex Legge 104 per motivi estranei all’assistenza dei
parenti o degli affini. In particolare i giudici della Cassazione
hanno chiarito come l’utilizzo distorto di tali permessi configura
un sostanziale disinteresse del dipendente per le esigenze aziendali
e, come tale, dà luogo a una grave violazione dei principi di buona
fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro tale da
legittimare il licenziamento.
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Corte di Cassazione, sentenza n.
5777 del 23 marzo 2016
La Corte di cassazione ribadisce con la sentenza numero 5777/2015,
depositata dalla sezione lavoro lo scorso 23 marzo 2016 , che il
lavoratore che timbri il cartellino del collega assente, commette
una frode ai danni del datore di lavoro e integra un'ipotesi di
giusta causa di licenziamento anche se il contratto collettivo non
indica espressamente la sanzione espulsiva per quel preciso
atteggiamento.
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Corte di cassazione penale, sentenza 18 febbraio 2016 n. 6665
Anche in materia d’impiego pubblico contrattualizzato, risponde del
reato di abuso d’ufficio il dirigente che esercita il potere
disciplinare per motivi pretestuosi con un intento ritorsivo.
La sentenza applica a un caso di sanzioni disciplinari irrogate per
motivi pretestuosi (e quindi cagionando al dipendente un danno
ingiusto) la regola più volte ribadita dalla cassazione penale,
secondo la quale “in tema di abuso d’ufficio, il requisito della
violazione di legge può consistere anche nell’inosservanza dell'art.
97 della Costituzione…, che impone a ogni pubblico funzionario,
nell'esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la
legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare
ingiusti vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o
discriminazioni e procurare ingiusti danni” (sentenza del 2014,
pronunciata in un caso di demansionamento di un funzionario
comunale, per ritorsione per aver adottato provvedimenti contrari
agli interessi personali del Sindaco).
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Corte dei Conti – Deliberazione n.
27 del 23/03/2016
Porte chiuse della PA al dipendente in pensione.
La Corte dei Conti ritorna sull'art. 5, comma 9, D.L. n. 95 del
2012, precisando che tra gli incarichi direttivi o dirigenziali che
non si possono conferire al personale in quiescenza rientrano anche
quelli conferiti con i contratti di diritto privato previsti
dall’art. 90 TUEL (e non solo). Ciò non implica il divieto generale
di stipulare contratti con personale in quiescenza ai sensi della
disposizione appena menzionata, bensì – e più semplicemente –
chiarire come neppure utilizzando lo schema elastico dell’art 90 del
TUEL sia possibile, nell’ambito degli enti locali, conferire
incarichi dirigenziali o direttivi a soggetti già pensionati.
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Consiglio di Stato Sez. V – Sentenza n. 1079 del 16/03/2016
Per i giudici del Consiglio di Stato, in caso di illegittima mancata
promozione del dipendente, il risarcimento del danno va calcolato
equitativamente dal giorno in cui doveva avvenire il collocamento in
servizio o la promozione fino a quando non è stata rimossa
l'illegittimità. In caso di concorso illegittimo di promozione ad un
livello superiore, non spetta al citato dipendente l'intera
differenza retributiva tra le due categorie contrattuali, in quanto
per giurisprudenza consolidata l'integrale ricostruzione degli
effetti economici della posizione del pubblico dipendente è ammessa
nei soli casi in cui vi sia stata un'illegittima interruzione o
sospensione di un rapporto già costituito e non laddove vi sia stata
una mancata o tardiva immissione in ruolo, ciò in dipendenza della
natura sinallagmatica del rapporto di lavoro e dell'attività di
servizio, il che impedisce il parallelismo tra interruzione del
rapporto già in atto e che doveva altrimenti proseguire, rispetto ad
un rapporto - o analogamente in caso di una promozione - non ancora
costituito e mai svolto.
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