giugno 2016 Newsletter dell'Aran Sicilia
 

09/06/2016

  Info Aran Sicilia
Quesito 1

Il personale del comparto non dirigenziale può fruire delle ferie residue oltre il primo semestre dell’anno successivo, se la mancata fruizione entro il termine contrattuale è dipesa da indifferibili esigenze di servizio?

Con la norma di cui al comma 13 dell’art.45 il contratto collettivo del comparto non dirigenziale, nel fissare il termine di riporto delle ferie residue al primo semestre dell’anno successivo, ha introdotto a tutela dei dipendenti una disciplina più vantaggiosa di quella stabilita dall’art.10 del d.lgs. n.66/2003, in quanto ha previsto la possibilità di fruire delle ferie residue entro un periodo di minore durata rispetto a quello, stabilito in 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione, indicato dal d. lgs. n.66/2003.
La circostanza che la previsione contrattuale costituisce norma di miglior favore, intervenuta successivamente al d.lgs. n.66/2003, induce a ritenere che essa non possa essere derogata e che l’imposizione, per esigenze di servizio, di fruire delle ferie oltre il termine stabilito dall’art.45, comma 13 potrebbe configurare un’ipotesi di inadempimento contrattuale.

Quesito 2

Il dipendente che possedeva i requisiti pensionistici antecedentemente al 1 gennaio 2016, può revocare la domanda di collocamento in quiescenza presentata ai sensi della l.r. n.9/2015, come modificato dall’art.1 della l.r. 12/2015?

Le condizioni e i termini per l’esercizio del diritto di revoca delle dimissioni presentate ai sensi e per gli effetti dell’art.52, commi 3 e 5 della l.r. n.9/2015 sono stati fissati con l’accordo sindacale stipulato dall’ARAN Sicilia con le OO.SS. rappresentative il 3.8.2015.
In particolare, all’art. 3 del citato accordo è stato pattuito che “i dipendenti che matureranno i requisiti soggettivi nel periodo dal 01/01/2016 al 31/12/2020 potranno formalizzare la revoca ed inefficacia della domanda di collocamento in quiescenza anticipato, con apposita comunicazione da inoltrare all’amministrazione entro il termine perentorio di 45 giorni prima della data di maturazione dei requisiti”.
La suddetta disposizione, che costituisce l’unica eccezione al principio generale secondo cui il recesso nei rapporti di lavoro pubblico privatizzato è atto unilaterale recettizio che produce i suoi effetti al momento del suo ricevimento da parte dell’Amministrazione pubblica senza necessità di alcuna accettazione, trova la sua giustificazione nell’ampiezza del periodo temporale che intercorre tra la presentazione dell’istanza di collocamento in quiescenza nei termini decadenziali di cui alla norma citata e la data di effettiva maturazione del diritto alla quiescenza.
Proprio per l’ampio arco temporale che può intercorrere tra la presentazione dell’istanza ed il collocamento in quiescenza è stata introdotta, come disposizione eccezionale, la possibilità di un ripensamento limitatamente ai dipendenti che matureranno i requisiti per il pensionamento nel corso del quinquennio 2016/2020.
Le disposizioni sopra richiamate non sono ovviamente applicabili ai soggetti già in possesso dei requisiti al momento dell’entrata in vigore della l.r. n.9/2015 o che comunque li abbiano maturati entro il 31.12.2015.
   
  Legislazione

L.R. 17 maggio 2016, n. 8 - Disposizioni per favorire l’economia. Norme in materia di personale. Disposizioni varie.
Sulla G.U.R.S. n 22 del 24 maggio 2016 è stata pubblicata la Legge Regionale 17 maggio 2016, n. 8 che detta tra l’altro disposizioni in materia di personale.
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Schema di decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della Legge 6 novembre 2012 n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della Legge 7 agosto 2015 n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche
Via libera del Governo al primo decreto legislativo emanato in attuazione della legge delega n. 124 del 7 agosto 2015 (c.d. legge Madia).
Queste le principali novità:
Diritto di accesso sempre garantito: il decreto legislativo garantisce a tutti i cittadini il diritto di accesso a tutti gli atti della Pubblica Amministrazione.
Obbligo automatico di pubblicazione: a prescindere dalla richiesta dei cittadini, la P.A. avrà obblighi di trasparenza automatici dovendo mettere online tutta una serie di informazioni.
Risposte entro 30 giorni: cade anche la barriera del silenzio-rifiuto. La P.A. infatti dovrà rispondere entro 30 giorni (dalla ricezione dell'istanza del cittadino) fornendo i dati richiesti oppure motivando espressamente la decisione contraria.
Niente costi: la regola generale prevista dalla riforma è che tutti gli atti e le informazioni richieste da cittadini e imprese dovranno essere forniti dalla Pubblica Amministrazione in forma gratuita, soprattutto se l'invio è telematico. In caso di documenti rilasciati su "supporti materiali" potranno essere richiesti soltanto i rimborsi dei costi "effettivamente sostenuti e documentati".
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  Giurisprudenza

Corte Costituzionale, sentenza 6 maggio 2016 n. 95
Il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute non opera qualora il lavoratore non abbia potuto goderne per malattia o per altra causa a lui non imputabile. Secondo la Consulta l’art. 5, c. 8, d.lgs. 95/2012, il quale vieta che si possano corrispondere trattamenti economici sostitutivi di ferie, riposi e permessi non goduti, si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla loro monetizzazione. Stante la ratio sottesa, la previsione deve essere letta come non preclusiva del diritto del dipendente di fruire dell’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile.
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Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza n. 9217 del 6/5/2016
Legge 104/1992 – utilizzo solo parziale delle ore concesse - abuso del diritto – legittimità del licenziamento
Gli Ermellini si pronunciano nuovamente – dopo la sentenza n. 5574/2016 precedentemente segnalata - sulla legge n. 104/1992, ribadendo che se il dipendente utilizza solo parzialmente i permessi per assistere la persona bisognosa, utilizzando poi il tempo rimanente per scopi personali, commette un abuso del diritto che mina la fiducia del datore di lavoro e giustifica il licenziamento. La sentenza riguarda un lavoratore privato ma i principi stabiliti dai giudici sono applicabili anche ai dipendenti pubblici.
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Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza n. 2648 del 10/2/2016
Licenziamento disciplinare - contestazione dell’addebito - deve essere specifica
Nell’accogliere il ricorso di un lavoratore licenziato i giudici ricordano che, secondo un orientamento ormai consolidato della Corte: “…in tema di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori subordinati, la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della connessa specificità ancorché senza l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati, rispettando i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio.”
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Corte di cassazione, sentenza 2 maggio 2016 n. 8604
L’Inps è responsabile delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’erronea comunicazione della situazione del contribuente, quand’anche la comunicazione non abbia valore certificativo.
Secondo la S.C. la P.A. è tenuta, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede e dei principi di imparzialità e di buon andamento, a non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi indisponibili, fornendo informazioni errate o approssimative. Nel caso di specie il lavoratore aveva ritenuto attendibili le informazioni in quanto provenienti dal soggetto pubblico cui è demandata la fondamentale funzione di assicurare la realizzazione della tutela previdenziale ed assistenziale. La violazione dei richiamati principi espone la P.A. alla responsabilità per danno da inadempimento, salva la verifica dell’eventuale concorso colposo del danneggiato ex art. 1227 c.c. (v. anche Cass. 26952/2008, cfr. Cass. 7683/2010).
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Corte di cassazione, sentenza 5 maggio 2016 n. 9051
Violato il principio di immediatezza quando le condotte vengono contestate a sei mesi/un anno di distanza senza che vi siano ragioni legate alla complessità delle indagini.
La S.C. conferma la non legittimità di un licenziamento per violazione del principio di immediatezza quando la contestazione è mossa al dipendente a distanza di sei mesi/un anno dall'evento. L'utilizzo di un sistema di controllo a campione, che permette di confrontare le autodichiarazioni dei dipendenti relative all'espletamento delle prestazioni accessorie con i dati registrati attraverso i tornelli d'ingresso, non giustifica una tale distanza temporale, stante l'assenza di necessità di indagini complesse e risultando irrilevante l'eventuale articolazione dell'organizzazione aziendale. Il principio di immediatezza è posto a tutela del dipendente e in particolare del diritto di difesa, della certezza delle situazioni giuridiche, dell’affidamento alla tolleranza datoriale (v. anche Cass. 14155/2006, Cass. 12141/2003, Cass. 14074/2002). Rileva anche sul piano meramente oggettivo e, pur trattandosi di una garanzia di tipo procedurale per il lavoratore, conforma per la parte datoriale un elemento costitutivo del potere di recesso.
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Corte dei Conti
Sezione Centrale controllo di legittimità atti del Governo deliberazione n. 7/2016

Dirigenza Pubblica - Illegittimo il reitero di un incarico dirigenziale per un periodo di tempo oltre i limiti di ragionevolezza senza avere attivato procedure comparative di selezione (art. 19,comma 1.bis d.lgs 165/2001)
I giudici contabili relativamente al rinnovo senza limiti di un incarico dirigenziale di seconda fascia, posto in essere da una amministrazione centrale, ribadiscono che l’istituto del rinnovo ha carattere di straordinarietà ed in quanto tale non può che essere soggetto a limiti temporali (dell. nn.24 e 25 /2014), in quanto l’articolo 19, comma 1 bis, del d.lgs 165/2001, prevede procedure di valutazione comparativa degli aspiranti che rispondono oltre che ad un interesse dei singoli candidati, anche a quello di assicurare la trasparenza e la neutralità nell’assegnazione delle funzioni, che tuttavia può risultare recessivo rispetto a peculiari esigenze di funzionamento che esigono la permanenza nell’incarico del dirigente già assegnato in precedenza ma tali esigenze devono essere ostensive nel provvedimento di conferma mediante adeguata motivazione e soggiacere alle prescrizioni imposte oltre che dalla normativa vigente anche dal Ccnl sulla dirigenza. Inoltre, anche la recente legge 124/2015 (legge Madia) tra i principi e i criteri direttivi dettati, con riferimento alla durata degli incarichi prevede il periodo di non superiore a quattro anni con possibilità di rinnovo per ulteriori due, senza procedura selettiva per una sola volta, purché sorretta da motivazione.
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Tribunale di Torino, 28 aprile 2016
Hanno diritto alla retribuzione precedente alla cessione, stabilito dall’art. 2112 c.c., anche i dipendenti pubblici riassunti dal Comune per effetto di una convezione stipulata all’epoca della esternalizzazione del servizio cui erano addetti.
Nel caso in esame, alcuni dipendenti comunali, che a suo tempo erano stati ceduti a un consorzio privato per lo svolgimento di attività di formazione, avevano ottenuto la riammissione alle dipendenze del comune a seguito del fallimento del suddetto consorzio. Lamentano però l’applicazione di un CCNL diverso da quello precedente, con retribuzione inferiore. Il giudice riconosce il loro diritto a ottenere la differenza tra quanto percepito e quanto stabilito dal CCNL precedente (a titolo di superminimo) sulla base della convenzione stipulata tra l’ente pubblico e il consorzio privato, convenzione che faceva espresso riferimento all’art. 2112 c.c. Tale rinvio alla disciplina del trasferimento d’azienda non può limitarsi all’obbligo di far proseguire il rapporto dei lavoratori, ma deve comprendere anche il divieto di peggioramento della retribuzione.

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Tribunale di Firenze, 20 aprile 2016
Una pronuncia esemplare in materia di molestie sessuali sul lavoro: riconosciuti il danno biologico e il danno non patrimoniale da discriminazione alla lavoratrice.
Nel caso in esame, una lavoratrice si era dimessa per giusta causa in seguito a episodi continui di molestie sessuali subite da parte del padre della rappresentante legale dell’azienda presso cui lavorava, e culminati in un tentativo di aggressione. Il giudice, dopo aver accertato i fatti, riconosce la violazione dell’obbligo di protezione ex art. 2087 c.c., per assenza di misure di prevenzione, consistita nell’atteggiamento di connivenza verso il soggetto responsabile delle molestie, così come la natura discriminatoria delle gravi condotte subite. Viene dunque ordinato il pagamento del risarcimento del danno biologico (per inabilità temporanea e permanente), e del danno non patrimoniale da discriminazione in ragione del sesso (la cui quantificazione considera sia la finalità di ristoro sia la finalità dissuasiva), nonché dell’indennità sostitutiva del preavviso per effetto della giusta causa di dimissioni.

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  Varie
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI - Interpello n. 20/2016
Articolo 9 del D.Lgs. n. 124/2004 – coincidenza delle ferie programmate con permessi per assistenza al congiunto disabile.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con l’interpello n. 20/2016, rispondendo a una istanza avanzata dalla CGIL sulla corretta applicazione dell’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992, ha chiarito che in caso di coincidenza tra ferie programmate con i permessi per assistenza al congiunto ex art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992, deve “trovare applicazione il principio della prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza e di tutela del diritto del disabile” sulle esigenze aziendali e che, pertanto, il datore di lavoro non può negare la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 durante il periodo di ferie già programmate, ferma restando la possibilità per il datore di lavoro, di verificare l’effettiva indifferibilità dell’assistenza.
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ANAC
Orientamento n. 24 del 21 ottobre 2015

Le prescrizioni ed i divieti contenuti nell’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001, che fissa la regola del c.d. pantouflage, trovano applicazione non solo ai dipendenti che esercitano i poteri autoritativi e negoziali per conto della PA, ma anche ai dipendenti che - pur non esercitando concretamente ed effettivamente tali poteri - sono tuttavia competenti ad elaborare atti endoprocedimentali obbligatori (pareri, certificazioni, perizie) che incidono in maniera determinante sul contenuto del provvedimento finale, ancorché redatto e sottoscritto dal funzionario competente.

Delibera n. 209 del 2 marzo 2016 - Trasparenza ed anticorruzione – Conflitto di interessi
Nella delibera n. 209 del 2/3/2016 il Presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione ha ribadito che: “qualora sussista un conflitto di interessi anche solo potenziale, l’obbligo di astensione dei pubblici dipendenti di cui all’art. 6 bis della l. 241/1990, costituisce una regola di carattere generale e non ammette deroghe ed eccezioni”.
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