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Corte di Giustizia Europea -
Sentenza 1/12/2016, in causa n. C-395/15
La nozione di disabilità per le norme protettive e
antidiscriminatorie dell’Unione.
E’ noto che una serie di norme comunitarie, anche di derivazione da
una convenzione ONU, garantiscono ai disabili parità di diritti e di
libertà fondamentali e vietano pratiche discriminatorie, in
particolare nel lavoro, basate sulla disabilità. Il concetto di
disabilità è riferito a menomazioni “durature”. In un giudizio, in
Spagna, d’impugnazione del licenziamento di un dipendente affetto, a
seguito di infortunio, da inabilità temporanea ma di durata incerta,
si era posto il problema se una tale situazione fosse riconducibile
a quella di una menomazione duratura e quindi se il licenziamento da
essa causato dovesse o non ritenersi discriminatorio secondo il
diritto comunitario. In proposito, la Corte di giustizia, alla quale
era stato rimesso il relativo quesito interpretativo, ha escluso che
tale situazione sia di per sé tutelabile con la disciplina
antidiscriminatoria, ritenendo necessario che essa possa
qualificarsi almeno di lunga durata; ha pertanto rimesso al giudice
nazionale il compito di accertare in concreto, sulla base di
elementi obbiettivi, se, al momento del fatto dedotto come
discriminatorio, le prospettive fossero di superamento della
menomazione in un breve periodo oppure di rilevante protrazione
della stessa nel tempo.
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Corte di Giustizia Europea, Sez. I - Sentenza n. 419/15 dell'
11/01/2017
Informatica giuridica e diritto dell'informatica. Internet
Per quanto riguarda le banche dati elettroniche, la distinzione tra
un documento esistente e un documento nuovo va operata sulla base di
un criterio adeguato alle specificità tecniche di tali banche e
conforme allo scopo del regolamento n. 1049/2001, il quale mira, a
«garantire l'accesso più ampio possibile» ai documenti. Devono
essere qualificate come documento esistente tutte le informazioni
che possono essere estratte da una banca dati elettronica
nell'ambito del suo uso corrente mediante strumenti di ricerca
preprogrammati, anche se tali informazioni non sono ancora state
presentate in tale forma o non hanno mai formato l'oggetto di una
ricerca da parte degli agenti delle istituzioni. Una banca dati
elettronica è idonea a consentire l'estrazione di ogni informazione
in essa contenuta. Tuttavia, la possibilità di creare un documento a
partire da una banca dati siffatta non consente di dedurne che tale
documento sia qualificato come esistente ai sensi del regolamento n.
1049/2001. Infatti il diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni riguarda solamente i documenti esistenti e di cui
l'istituzione interessata è in possesso e che il regolamento n.
1049/2001 non può essere invocato al fine di obbligare
un'istituzione a creare un documento che non esiste. Ne consegue che
una domanda di accesso che porti la Commissione a creare un nuovo
documento, anche sulla base di elementi già contenuti in documenti
esistenti e da essa detenuti, esula dall'ambito del regolamento n.
1049/2001.
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Corte Costituzionale -
Sentenza n. 15 del 24/01/2017
in tema di impiego pubblico, riduzione delle dotazioni organiche
delle pubbliche amministrazioni.
La Corte nel dispositivo dichiara l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 20, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1,comma 1, della legge 7
agosto 2012, n. 135, nella parte in cui prevede che all'esito
del processo di cui al primo periodo del medesimo comma 20, e
comunque non oltre il 1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi
in corso a quella data, di prima e seconda fascia conferiti ai sensi
dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche).
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Corte Costituzionale -
Sentenza n. 37 del 15/02/2017
La Corte si pronuncia in tema di Istruzione e formazione
professionale nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
14 della legge della Regione siciliana 6 marzo 1976, n. 24
(Addestramento professionale dei lavoratori), promosso dal Consiglio
di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 284 del 10/01/2017
L’invio di un certificato medico di malattia durante l’assenza dal
lavoro per ferie immuta il titolo dell’assenza.
L’affermazione della Corte (nuova, a quanto risulta) secondo cui la
trasmissione di un certificato medico durante le ferie vale quale
richiesta di modifica del titolo dell’assenza, è espressa nel quadro
di una controversia più complessa, relativa alla legittimità di un
licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia.
Nella motivazione, la Corte ha altresì modo di ribadire che un tale
tipo di licenziamento non ha natura soggettiva e non comporta
pertanto la necessità per l’impresa di specificazione dei giorni di
effettiva assenza per malattia. La Corte ha infine accolto il
ricorso, rilevando che la società non avrebbe potuto computare come
assenze [per malattia] le giornate in cui il dipendente si era
sottoposto a trattamenti di emodialisi nel pomeriggio, dopo avere
svolto nella mattinata le sue ordinarie prestazioni part time.
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 2011 del 26/01/2017
Ancora sul demansionamento nel pubblico impiego.
Trasferito dalla responsabilità di un settore a quella di un altro,
ritenuto di minore importanza, il dipendente di un Comune aveva
invocato la tutela di cui all’art. 2103 cod. civ., che garantisce
l’equivalenza sostanziale delle mansioni in caso di mutamento. I
giudici rigettano le domande, in ragione del fatto che ambedue le
posizioni organizzative erano inquadrate dal C.C.N.L. nella medesima
qualifica. In proposito, la Corte ribadisce che al pubblico impiego
contrattualizzato è applicabile la diversa disciplina di cui
all’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001, che consente
l’incondizionato mutamento di mansioni all’interno della medesima
qualifica, come individuata dalla contrattazione collettiva, anche
indipendentemente dal rispetto del bagaglio professionale acquisito
nella precedente fase del rapporto di lavoro e senza che ciò possa
essere sindacato dal giudice (salvo il diverso caso di un vero e
proprio svuotamento delle mansioni).
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Corte di Cassazione, Sez.
Lavoro - Sentenza n. 2510 del 31/01/2017
Un caso di legittimo esercizio dello spoils system.
Ricordando le numerose pronunce della Corte costituzionale che hanno
dichiarato illegittime quelle norme che prevedono l’automatica
decadenza di incarichi dirigenziali per cause estranee alle vicende
del singolo rapporto di lavoro, salvo il caso di posizioni di
vertice dell’amministrazione pubblica di stretta collaborazione col
potere politico, la Cassazione valuta legittimo l’esercizio dello
spoils system da parte della Giunta regionale della Calabria, a
seguito di nuove elezioni, nei confronti dei direttori generali dei
compartimenti, costituenti strutture di vertice dell’amministrazione
regionale, di diretta collaborazione col potere politico.
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Corte di Cassazione –
Sentenza n. 2972 del 03/02/2017
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 758/2009, aveva
giudicato legittima la revoca della posizione dirigenziale del
dipendente di ruolo della Provincia di Vicenza prima della sua
naturale scadenza a fronte di atti di riorganizzazione
amministrativa. Di diverso avviso la Suprema Corte, la quale
evidenzia come l'istituto della revoca anticipata, ai fini della
salvaguardia dei principi costituzionali di buon andamento ed
imparzialità dell'Amministrazione, deve essere adottato con un atto
formale, motivato in modo esplicito, ed infine, le ragioni
organizzative, per costituire legittimo fondamento della revoca
anticipata dell'incarico dirigenziale, devono attenere al settore
cui è preposto il dirigente. In mancanza dei citati presupposti la
revoca anticipata degli incarichi dirigenziali è da considerarsi
illegittima.
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 3630 del 10/02/2017
Licenziamento per giusta causa - Assenza dal lavoro -
Malattia - Svolgimento di altra attività lavorativa - Lesione del
vincolo fiduciario
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 3733 del 13/02/2017
Con la sentenza numero 3733/2017 la Corte ha sancito che
la sanzione espulsiva rappresenta una conseguenza esagerata rispetto
alla violazione del divieto di fumare e incoerente con le previsioni
contrattuali collettive che giustificano il licenziamento
disciplinare. Va confermata, pertanto, la reintegra del dipendente
nel posto di lavoro e la condanna della società datrice di lavoro al
risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di
fatto maturate dal giorno del licenziamento sino al soddisfo
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 4015 del 15/02/2017
Ancora sulle finalità del licenziamento per giustificato motivo
oggettivo.
Con la sentenza in commento, sembra consolidarsi il recente
orientamento della Corte, secondo il quale necessario presupposto di
un licenziamento per ragioni oggettive non è la presenza di un
andamento economico negativo dell’impresa, ben potendo il
licenziamento perseguire l’obiettivo di una migliore efficienza
gestionale ovvero un incremento della produttività dell’impresa.
Sarebbe viceversa necessario e sufficiente che la divisata
riorganizzazione sia effettiva, che la stessa si ricolleghi alla
ragione dichiarata dall’impresa e che il licenziamento si ponga in
termini di riferibilità e coerenza rispetto all’operata
ristrutturazione.
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Corte di Cassazione -
Sentenza n. 4120 del 16/02/2017
Alle sanzioni disciplinari è applicabile la disciplina
sanzionatoria a quel tempo vigente, anche se successiva alla
condotta censurata.
L’affermazione di principio, nella sua assolutezza, è sorprendente.
La Corte ha infatti sempre affermato che (ad eccezione delle
inadempienze del lavoratore costituenti reato o contrastanti con la
coscienza sociale) il dipendente deve essere per legge
preventivamente informato, tramite pubblicazione del codice
disciplinare, dell’ambito e dei limiti della rilevanza e gravità
degli illeciti (ad. es., da ultimo, Cass. n. 54 del 2017) e quindi
anche del tipo di sanzione per essi prevista. Nel caso esaminato,
peraltro, la Corte valuta corretta l’applicazione di una sanzione
conservativa prevista da una normativa vigente in quel momento ad
una condotta inadempiente che, secondo la normativa applicabile al
momento dell’inadempimento, avrebbe comportato il licenziamento
disciplinare. Sicché sarebbe stato semplice giustificare la
pronuncia con l’applicazione della regola della prevalenza della
disciplina successiva più favorevole, in parallelo con quanto
previsto in materia penale.
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TAR Campania Sez. IV -
Sentenza 366 del 16/01/2017
Il TAR Campania Sez. IV, con la sentenza n. 366, si è pronunciato
sulla legittimità di un nuovo concorso in presenza della graduatoria
di un precedente concorso ancora valida ed efficace. I giudici del
TAR , richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato,
hanno affermato che “è illegittimo, per difetto di motivazione, il
provvedimento con il quale la P.A., nonostante l’esistenza di una
graduatoria ancora valida di una precedente procedura concorsuale,
ha bandito un concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione
di personale con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato;
infatti, a fronte di una graduatoria valida, l’Amministrazione è
tenuta ad esternare e a rendere comprensibili le ragioni che la
inducano ad optare per l’una o l’altra forma di reclutamento”.
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TAR Veneto, Sez. I -
Sentenza n. 144 del 9/02/2017
I giudici del TAR si sono pronunciati sull’impiego del c.d.
“soccorso istruttorio” a rettifica di domande di partecipazione ad
un concorso errate o insufficienti, affermando che “Ai sensi
dell’art. 6, comma 1, lett. b), della l. n. 241/1990 e dell’art. 71,
comma 3, del d.P.R. n. 445/2000, la P.A. deve concedere il soccorso
istruttorio volto alla rettifica di dichiarazioni o istanze erronee
o incomplete, salvo che costituiscano falsità, qualora il modulo per
la partecipazione al concorso pubblico rappresenti l’unica forma
possibile di presentazione della domanda”.
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