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Corte di
Giustizia UE - Sentenza n. C555/14 del 17 febbraio 2017
Ritardi di pagamento della PA - Recupero crediti da PA: va
bene subordinarlo alla rinuncia agli interessi di mora e al
risarcimento per i costi
È legittima la normativa che consente al creditore di rinunciare
agli interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero, per
poter recuperare immediatamente il capitale di un credito vantato
nei confronti della PA: lo ha dichiarato la Corte di giustizia
europea, con la sentenza IOS Finance EFC del 16 febbraio 2017,
esaminando una controversia alla luce della direttiva 2011/7/UE sui
ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, e precisando la
condizione che la rinuncia deve essere effettuata liberamente dal
creditore. La sentenza arriva due giorni dopo l'invio da parte della
Commissione di un parere motivato col quale esorta l'Italia a
garantire la corretta applicazione della direttiva 2011/7/UE ed
evitare perdite per le imprese, in particolare le PMI.
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 5321/2017
Trattenute sindacali
sullo stipendio: è il lavoratore a decidere e può revocarle.
Con la sentenza numero 5321/2017 la Corte di cassazione ha escluso
che la trattenuta delle quote di iscrizione al sindacato dallo
stipendio segua lo schema della delegazione di pagamento ai sensi
dell'articolo 1269 del codice civile.
Chi sceglie di iscriversi a un sindacato e di far trattenere dal
proprio stipendio le quote di iscrizione ad esso pone in essere
un'operazione che deve essere considerata una cessione di credito ai
sensi dell'articolo 1260 del codice civile.
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 5313/2017
Rapporto di pubblico impiego, Licenziamento disciplinare
Il licenziamento disciplinare, nel regime giuridico dei rapporti di
lavoro di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001, è un negozio
giuridico di diritto privato regolato, quanto alla forma dell'atto,
dalla legge n. 604 del 1966. L'obbligo di motivazione, quindi, non è
quello dei provvedimenti amministrativi ed è assolto
dall'amministrazione con l'indicazione del fatto già oggetto di
contestazione che, a giudizio del datore di lavoro, giustifica il
recesso.
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 5284/2017
Impiego pubblico - procedimento penale e procedimento
disciplinare - applicazione art. 55 ter d.lgs. n. 165/01 -
contestazione degli illeciti disciplinari - invio per relationem
agli atti del procedimento penale - principi di diritto
Il Ministero delle politiche agricole ricorre per la cassazione
della sentenza della Corte territoriale che, confermando la sentenza
del giudice di primo grado, aveva condannato l’amministrazione a
reintegrare una dipendente licenziata a seguito di procedimento
penale, per fatti lesivi del vincolo fiduciario e che rendevano
pertanto impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. I
giudici ritenevano infatti non assolto, da parte della datrice di
lavoro, l’onere probatorio, avendo nel procedimento disciplinare
fatto solo riferimento agli atti del processo penale. Accogliendo il
ricorso dell’Amministrazione la Suprema Corte chiarisce che: ”non è
rinvenibile nell' art. 55 bis del D. Lgs. n. 165 del 2001, che
disciplina le forme ed i termini del procedimento disciplinare e
nell'art. 55 ter dello stesso decreto, che regola i rapporti tra
procedimento disciplinare e procedimento penale, alcuna disposizione
che impone alla Pubblica Amministrazione di procedere ad autonoma
istruttoria, ai fini della contestazione disciplinare.” (Principio
di diritto cui il giudice del rinvio dovrà attenersi). Inoltre i
giudici proseguono dicendo che: “la P.A. è, infatti, libera di
valutare autonomamente gli atti del processo penale e di ritenere
che i medesimi forniscano, senza bisogno di ulteriori acquisizioni
ed indagini, sufficienti elementi per la contestazione di illeciti
disciplinari al proprio dipendente.Venuta meno, infatti, per effetto
della disciplina contenuta nell'art. 55 ter del D.Lgs. n. 165 del
2001, la cosiddetta pregiudiziale penale e regolato per legge il
possibile conflitto fra gli esiti dei procedimenti (art. 55 ter
ultimo comma, artt. 653 e 654 c.p.p.), nulla impedisce alla P.A. di
avvalersi, per dimostrare la fondatezza della contestazione
disciplinare, degli atti del procedimento penale.” La Corte detta
poi questo secondo principio di diritto per il giudice del rinvio: “
Consegue a quanto considerato, che deve ritenersi ingiustificata
un'assoluta omissione di vaglio da parte del giudice civile di
merito delle argomentazioni difensive che una parte prospetti,
deducendole da prove effettuate in sede penale o dalla motivazione
di sentenze penali attinenti - pur senza valore di giudicato - alla
stessa vicenda posta come oggetto di cognizione del giudice
disciplinare. D'altronde, la formazione del libero convincimento da
parte del giudicante deve sempre rapportarsi al contributo
accertatorio delle parti, che costituisce concretizzazione
dell'esercizio del diritto di difesa”.
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 3738/2017
Impiego pubblico privatizzato – licenziamento per giusto motivo
oggettivo
La Corte, respingendo il ricorso del dipendente di una Camera di
commercio - che era stato collocato in mobilità e contestava il
provvedimento in relazione alla rideterminazione della pianta
organica - ricorda che: “nel lavoro pubblico, all’esito della
procedura regolata dall’art. 33 e successivi (del d.lgs n. 165/2001)
non si può far luogo al licenziamento dei lavoratori eccedenti,
poiché costoro hanno diritto alla conservazione del rapporto,
seppure sospeso, per un periodo massimo di due anni, durante il
quale il lavoratore è collocato in disponibilità…….e permane
l’obbligo dell’Amministrazione di adoperarsi affinché sia esplorata
ogni possibilità di diverso impiego o ricollocazione alternativa del
dipendente, ossia l’obbligo di repechage dei lavoratori reputati in
esubero”. Detto ciò i giudici però chiariscono, con il seguente
principio di diritto, che: “In tema di pubblico impiego
contrattualizzato, l’organizzazione, la consistenza e la variazione
delle dotazioni organiche sono determinate in funzione
dell’efficienza della amministrazione, della razionalizzazione del
costo del lavoro pubblico e della migliore utilizzazione delle
risorse umane, in conformità ai principi espressi dagli artt. 1,
comma1, e 6 del d.lgs. n. 165 del 2001, restando alla
discrezionalità della P.A. la determinazione e revisione della
pianta organica.”
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 3736/2017
Impiego pubblico - procedimento disciplinare - comunicazione -
diritto di difesa
I giudici respingono il ricorso di un dipendente del MIUR avverso la
sentenza della Corte territoriale che respingeva il suo appello
contro il provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal
servizio e il provvedimento disciplinare di sospensione dal
servizio, irrogati dal datore di lavoro, per fatti per i quali il
ricorrente risultava essere sottoposto a procedimento penale. Nelle
motivazioni della sentenza i giudici ricordano che: “ se il
procedimento disciplinare si conclude in senso sfavorevole al
dipendente, la precedente sospensione dal servizio – pur
strutturalmente e funzionalmente autonoma rispetto al provvedimento
di irrogazione della sanzione – viene a saldarsi con tale ultimo
provvedimento, avendo esaurito la sua specifica funzione.” Inoltre i
giudici concordano con quanto affermato, nella sentenza impugnata,
dalla Corte territoriale per cui: a) nel procedimento disciplinare
non sussiste l'obbligo della comunicazione all'interessato
dell'avvio del procedimento amministrativo, perché in tale
procedimento la funzione della suddetta comunicazione è svolta
dall'atto con il quale il dipendente non solo è reso edotto di un
procedimento instaurato nei suoi confronti, ma è messo in condizione
di conoscere con precisione quale comportamento gli si contesta,
consentendogli così di esercitare il proprio diritto di difesa
dall'addebito con la presentazione di giustificazioni; b) l'art. 7
della legge n. 241 del 1990, che detta l'obbligo per la P.A. di
comunicare all'interessato l'avvio del procedimento amministrativo
che lo riguarda, se pur reca un principio generale, non è
applicabile quando sussistano comprovate esigenze di celerità che,
di regola, devono essere esplicitate, ma che possono ritenersi
implicite nella finalità cautelare propria della sospensione dal
servizio del pubblico dipendente.
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Corte di
Cassazione, Sez. Lavoro - Sentenza n. 2010/2017
Impiego pubblico privatizzato - compimento della massima anzianità
contributiva - richiesta di rimanere in servizio fino ai 70 anni -
non sussiste un diritto
“Nell'ambito del lavoro pubblico contrattualizzato, il legislatore
ha perseguito l'obiettivo di realizzare proprio attraverso il
pensionamento dei dipendenti in possesso dei necessari requisiti sia
"il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle
pubbliche amministrazioni" (art. 24 comma 20 d.l. 201/2011), sia il
ricambio generazionale (art. 1 d.l. n.90/2014)”. Con tale
motivazione la Corte ha rigettato il ricorso di un dipendente che,
pur in possesso dei requisiti richiesti per la pensione di
vecchiaia, riteneva sussistere il suo diritto a rimanere in servizio
fino al compimento del settantesimo anno di età.
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Corte di
Cassazione - Sez. Lavoro - Sentenza n. 851/2017
Impiego pubblico privatizzato - concorso - approvazione della
graduatoria - diritto alla assunzione
Nella sentenza la Suprema Corte ribadisce il consolidato indirizzo
in base al quale: “in tema di concorsi nel pubblico impiego
privatizzato, l'approvazione della graduatoria è, ad un tempo,
provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto
negoziale di individuazione del contraente, da essa discendendo, per
il partecipante collocatosi in posizione utile, il diritto
all'assunzione e, per l'amministrazione che ha indetto il concorso,
l'obbligo correlato, quest'ultimo soggetto al regime di cui all'art.
1218 cod. civ."
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Consiglio
di Stato, Sez. III - Sentenza n. 1109/2017
L’informativa antimafia si applica anche alle autorizzazioni
amministrative.
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1109 dell’8 marzo 2017 si è
pronunciato sull’applicabilità delle informative interdittive
antimafia anche alle autorizzazioni amministrative o, comunque, ai
provvedimenti a contenuto autorizzatorio.
Il Collegio ha affermato che “la disciplina dettata dal d.lgs. n.
159 del 2011 (c.d. codice delle leggi antimafia) consente
l’applicazione delle informazioni antimafia anche ai provvedimenti a
contenuto autorizzatorio”.
Nel caso di specie è stata ritenuta legittima una informativa
antimafia interdittiva che aveva comportato la revoca della licenza
sanitaria d’uso per l’esercizio dell’attività di produzione di carta
e cartotecnica.
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Corte dei
Conti - Sezione Regionale di controllo per la Lombardia
-deliberazione n. 23/2017
Enti locali - Capacità assunzionale - Utilizzazione cessazioni
intervenute
La deliberazione dei magistrati contabili riguarda l’utilizzo da
parte dell’amministrazione delle cessazioni intervenute negli anni,
i cosiddetti “resti”, nell’esercizio della loro capacità
assunzionale consentita dalla normativa vigente. Secondo il
Collegio, quando il legislatore interviene per modificare solo la
percentuale del cosiddetto turn over, al fine di calcolare la
capacità assunzionale bisogna prendere come riferimento la
percentuale indicata per l’anno in cui si intende avviare la
procedura di assunzione, a prescindere da quale fosse la percentuale
indicata nell’anno a cui si riferiscono i “resti”; infatti i “resti
devono essere presi in considerazione solo per determinare l’entità
del budget di spesa su cui va parametrata la capacità assunzionale
la quale deve necessariamente essere rispettosa della percentuale
fissata dal legislatore per l’anno in cui si intende procedere con
la nuova assunzione.”
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Tribunale
di Monza - Sentenza n. 617/2017
Per il malato di Alzheimer la retta la paga lo Stato.
La retta per il paziente malato di Alzheimer, ricoverato in una
Residenza sanitaria assistenziale (Rsa) è a carico dello Stato e non
dei familiari. Così ha stabilito, di recente, il giudice del
tribunale di Monza , revocando il decreto ingiuntivo della locale
Rsa finalizzato ad ottenere dalla figlia di una paziente affetta da
Alzheimer il pagamento di oltre 39mila euro a saldo della retta per
il ricovero.
La decisione si uniforma del resto all'orientamento consolidato
della Cassazione (cfr. tra le altre, n. 22776/2016; n. 19642/2014;
SS.UU. n. 1003/1993), tale "da costituire diritto vivente", secondo
il quale "quando oltre alle prestazioni socio assistenziali siano
erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di
rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del SSN", non potendo,
dunque, essere fatta gravare sui pazienti né sui loro parenti. |